Durante i fine settimana del 16-17 maggio e di sabato 20 giugno 2015, dando seguito alla lotta al degrado che minaccia il nostro quartiere e nel tentativo di restituire decoro a una delle poche aree verdi di cui i cittadini della zona prospiciente il Rilevato Ferroviario della Stazione Centrale di Milano possono godere, l’Associazione 4TUNNEL ha cancellato tutte le scritte vandaliche presenti sui muri interni del Parco-Giardino Cassina de’ Pomm, lungo il naviglio Martesana, ha eseguito la ripulitura dell’area giochi dei bambini e riverniciato molte panchine. Ma rimaneva da intervenire su un vecchio muro, entrato ormai a far parte della storia recente.
Dopo aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione da parte della Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio, l’Associazione 4TUNNEL ha deciso di completare l’opera procedendo alla cancellazione delle scritte vandaliche presenti sulle mura storiche della Cassina.
Il nostro amico, e storico del quartiere, Gianni Banfi ha arricchito la nostra conoscenza del luogo con una scheda che ne ripercorre la storia, e che si può leggere più in basso.
Questo intervento sarà totalmente finanziato da noi di 4TUNNEL, pur inserendosi nel contesto di una Festa organizzata da varie associazioni con il contributo economico del Consiglio di Zona 2, e si avvarrà dell’esperienza e della collaborazione dell’Associazione Retake Milano, che ringraziamo per l’attenzione dimostrata.
Abbiamo bisogno di volontari, del sostegno di chi, come noi, crede che per restituire decoro alla nostra città sia necessario l’impegno di tutti.
Sarà un’altra giornata di festa per grandi e bambini.
Vi aspettiamo.
Le mura del Pan-Fiss alla Cassina de’ Pomm (Gianni Banfi)
Queste mura, corrose dal tempo e dalle vicissitudini storiche, chiudevano nel proprio interno la fabbrica della BRANCA (poi SAFFA) dove si fabbricano le candele steariche, cioè le classiche candele per illuminare.
Nata alla fine dell'800, vedeva una notevole presenza sia di donne che di uomini; la fabbrica, che con voce locale veniva chiamata “I CANDIL”, chiaramente richiamando le candele, ancora più originariamente veniva anche detta del “PAN FISS” che, con ironica sfumatura ed anche con una punta d'invidia, alludeva al pane sicuro e garantito che i dipendenti potevano godere, ciò in relazione a quanti, invece, dovevano accontentarsi del pane precario derivato al lavoro dei campi.
Fu così che i primi del ‘900, onde favorire il suo accesso, venne realizzata la passerella in ferro, chiamata “PASSERELLA DEL PAN FISS” (o PONT DE FERR) che, scavalcando il Naviglio univa, la via Melchiorre Gioia all'alzaia e quindi alla fabbrica (altrimenti bisognava risalire la via fino al ponte di Greco o, discendendola, fino al “PONTICELLO DELLA CONCA” in via Edolo).
Ma venne la seconda guerra mondiale quando, durante l'Incursione aerea nella notte 14-15 agosto 1943, lo stabilimento venne colpito dal bombardamento, così anche le due altissime ciminiere vennero abbattute, una completamente mentre l'altra, troncata a metà, rimase in piedi ancora per una decina di anni.
La fabbrica continuò con una produzione ridotta, così come venne ridotta l'attività della Canottieri del CRAL che, già prima della guerra, operava sul Naviglio.
Poi, come tutte le cose, anche per il “PAN FISS” arrivò la fine. Tutto fu abbattuto e abbandonato in attesa di chissà cosa, visto che non se ne fece nulla.
Passarono anni e anni, così che nell'area chiusa dalle mura si sviluppò un rigoglioso bosco spontaneo, tanto fitto che venne preso come area di rifugio notturno, con la realizzazione di precarie capanne dai primi clandestini slavi che erano sciamati in Occidente.
Nasce in questo periodo l'Associazione Cassina de’ Pomm che, con il presidente Bossi e Maria Montini segretaria, per anni perseguì l'obiettivo di realizzare su quest'area un parco pubblico; a questo progetto si frapponevano difficoltà tra il Comune e la proprietà (Bonomi – Montedison) che, dopo tanta insistenza, vennero superate con uno scambio con altra area.
Finalmente si dette inizio lavori. Nella sistemazione dell'area vennero alla luce due garitte in cemento armato a forma di ogiva che servivano da riparo alle sentinelle armate durante la guerra.
Ma la “burocrazia” non tollerava indugi, la pulizia andava fatta, così le due garitte furono destinate al macero: una era già partita verso destinazione ignota (alla distruzione), l'altra era stata già caricata sul camion per la stessa destinazione, quando si ebbe l'intervento di un cittadino attento, che con decisione perorò la causa del suo salvamento.
Grazie alla sensibilità del responsabile delle operazioni di sgombero, si decise di sistemarla nello stesso giardino. Si salvò così un documento che, pur non essendo un reperto archeologico antico di secoli, è pur sempre un documento di vita di un periodo quanto mai tragico.
Queste mura, dunque, screpolate e corrose, private anche dell'intonaco, mostrano le ferite del trascorrere del tempo e delle vicende storiche, a volte tragiche e a volte giocose.
Esse sono come le rughe di un volto di un vecchio centenario che, mostrandosi ai giovani, chiedono rispetto.